top of page

p53: il Guardiano del Genoma

di Irene Bagaloni

Mutazioni che inducono la deregolazione del ciclo cellulare sono un requisito essenziale nella tumorigenesi. Ma, l'evoluzione ha messo a punto nel programma proliferativo delle cellule di mammifero vari meccanismi di soppressione tumorale che inducono la morte cellulare programmata (apoptosi) o l'invechiamento (senescenza).  p53, la proteina denominata i"il guardiano del genoma" è un fattore di trascrizione che stabilisce l'induzione dei programmi riparazione del DNA ed, eventualmente,  di morte e  senescenza in risposta a differenti stimoli dannosi per la cellula come lo stress ossidativo, il danno al DNA, lo stato ipossico e la deprivazione di nutrienti.

Con il termine tumore, o neoplasia (dal greco neo, nuovo, e plasìa, formazione), si indica una popolazione cellulare che origina dalla proliferazione incontrollata di una singola cellula dell’organismo che “impazzisce”, cioè che non risponde più correttamente ai fisiologici meccanismi di controllo della crescita. 
In condizioni normali la proliferazione cellulare è controllata dall’azione sinergica di due classi di geni tra loro antagoniste: i proto-oncogeni e gli onco-soppressori. I primi favoriscono la crescita mentre, i secondi, la ostacolano. In parole più semplici: se paragoniamo la cellula ad un’automobile, i proto-oncogeni saranno gli acceleratori mentre gli onco-soppressori saranno i freni. Qualsiasi alterazione dell’attività di questi geni, interferendo nel corretto svolgimento delle funzioni biologiche, può potenzialmente favorire la trasformazione di una cellula normale in una cellula tumorale.
Una delle alterazioni che avviene negli stati più precoci dello sviluppo neoplastico riguarda proprio il gene onco-soppressore che esprime la proteina p53. Questa è una proteina di fondamentale importanza per la cellula in quanto è coinvolta in tutte quelle funzioni indispensabili per il corretto svolgimento delle attività biologiche quali il riparo dei danni al DNA, il blocco della proliferazionee, nel caso in cui il danno sia troppo ingente o irreparabile, la eventuale induzione della morte cellulare programmata (o apoptosi). 

Così, impedendo la crescita a tutte quelle cellule che hanno subito danni, viene scongiurato il rischio che queste trasmettano un corredo genomico alterato alla loro discendenza, fenomeno alla base dello sviluppo del tumore. E’ per tale motivo che a p53 è stato attribuito il ruolo di “guardiano del genoma”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Purtroppo però il gene che codifica per la proteina p53 a volte può mutare e produrre quindi una proteina non funzionale. Questo predispone la cellula ad acquisire più facilmente altre aberrazioni genetiche a causa appunto della mancanza del “guardiano” dell’integrità genomica. L’accumulo di queste mutazioni in una cellula cambiano inevitabilmente la funzionalità della stessa e sfociano spesso nella formazione di una popolazione cellulare in grado di proliferare in maniera incontrollata.
I numerosissimi studi finalizzati alla comprensione dettagliata del coinvolgimento della proteina p53 nella patogenesi del cancro hanno permesso di dimostrare come i tumori che presentano

mutazioni di p53 siano particolarmente aggressivi e più resistenti alle terapie antineoplastiche. Per tale ragione ripristinare il corretto funzionamento della proteina p53 assume un ruolo centrale nella cura del cancro in quanto consente, da un alto, di sensibilizzare le cellule neoplastiche ai trattamenti con i farmaci chemioterapici, e, dall’altro, di rallentare la crescita della massa tumorale.

bottom of page