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La PAT-ChIP e gli studi epigenetici

di Stefano Amatori

Le alterazioni epigenetiche giocano un ruolo chiave nello sviluppo del cancro. L'analisi  della struttura cromatinica e delle modificazioni epigenetiche  - dei campioni provenienti dagli archivi di anatomia patologica (tessuti prelevati dai pazienti) - è stata fino ad oggi limitata a causa delle problematiche di natura tecnica nella manipolazione di questi difficili campioni (fissati in formalina ed inclusi in paraffina - FFPE). La PAT-ChIP (pathology tissue–ChIP (PAT-ChIP) permette di isolare la cromatina da questi tipi di tessuto per sottoporla alla tecnica di immunoprecipitazione (chromatin immunoprecipitation - ChIP). LA PAT-ChIP, confrontata con la tecnica canonica di ChIP, si è dimostrata una tecnica riproducibile ed applicabile anche a modelli di studio di nuove strategie terapeutiche.

Il Laboratorio di Patologia Molecolare “Paola” di Fano (Università di Urbino), di cui faccio parte, ha appena reso pubblica, attraverso l’autorevole rivista scientifica statunitense PNAS, la scoperta di una nuova tecnica che consentirà di aumentare le armi a disposizione nella lotta ai tumori. Tale studio ha visto la partecipazione, oltre che del sottoscritto e del Dott. Mirco Fanelli, responsabile del laboratorio, di un team di ricercatori diretti dal Prof. Pier Giuseppe Pelicci e operante presso l’ormai celebre Istituto Europeo di Oncologia di Milano. La tecnica che abbiamo sviluppato è stata battezzata PAT-ChIP e consentirà di ampliare enormemente le possibilità di studio delle modificazioni epigenetiche dei tessuti tumorali. Ma cosa intendiamo per modificazioni epigenetiche? Potremmo paragonare queste modificazioni a tante etichette apposte lungo tutto il DNA delle cellule del nostro organismo. Tali etichette consentono alla cellula di riconoscere quali regioni del loro DNA esprimere, cioè mantenere attive, e quali silenziare, modificando il livello di condensazione del DNA e, quindi, consentendone o impedendone fisicamente la “lettura”. Bene, negli ultimi decenni è cresciuta a livello mondiale la consapevolezza di come l’alterazione della distribuzione di tali modificazioni giochi un ruolo fondamentale, in associazione con le “classiche” e più conosciute alterazioni genetiche, nel processo di trasformazione di una cellula da normale a tumorale.

A differenza però delle alterazioni genetiche, quelle epigenetiche sono reversibili e possono essere riconvertite ad una condizione di normalità attraverso l‘utilizzo di specifici trattamenti farmacologici, tanto che numerosi farmaci epigenetici sono oggi in fase di studio ed alcuni sono già stati introdotti nella pratica clinica. Cosa ancora più interessante, è stato osservato che la distribuzione di tali modificazioni può fornire informazioni essenziali nel predire il decorso della malattia, nonché l’efficacia dei trattamenti terapeutici standard, evitando così l’esposizione dei pazienti a terapie inutili e consentendo di ottimizzarne al meglio il trattamento. Lo studio di tali alterazioni ha subito un impulso straordinario negli ultimi 2-3 anni grazie all’introduzione di nuove tecnologie di sequenziamento del DNA che consentono di studiarne la distribuzione lungo l’intero genoma. Ma in cosa consiste dunque l’importanza della nostra PAT-ChIP? Fino ad oggi è stato possibile applicare l’immunoprecipitazione della cromatina (ChIP), cioè la tecnica che viene utilizzata per studiare le più importanti modificazioni epigenetiche, quasi esclusivamente alle sole cellule in coltura. La PAT-ChIP consente di estendere lo studio ai campioni prelevati dai pazienti in seguito a biopsia o resezione chirurgica e conservati negli archivi ospedalieri di tutto il mondo.

I vantaggi di tale nuova applicazione sono innumerevoli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tipico archivio di campioni di tessuto fissati in formalina ed inclusi in paraffina (FFPE)

 

Innanzitutto l’avere a disposizione una quantità enorme di campioni biologici da potere analizzare; in secondo luogo la possibilità di studiare i tessuti tumorali “originali” anziché le cellule in coltura che rappresentano una approssimazione, peraltro non sempre attendibile, di quella che è la reale condizione del tessuto. Infine, questa tecnica consentirà di studiare campioni conservati per decine di anni e quindi di mettere in relazione le alterazioni epigenetiche del tumore con la storia clinica del paziente. Ciò significa che da oggi saremo in grado di studiare milioni di campioni tumorali e di correlare le alterazioni epigenetiche in essi presenti con la sopravvivenza dei pazienti o l’efficacia dei trattamenti terapeutici che essi hanno ricevuto. Avremo così a disposizione una mole enorme di nuove informazioni che potranno condurre con molta più efficacia all’individuazione di nuovi markers diagnostici, prognostici e predittivi della risposta ai trattamenti, nonché di individuare nuove strategie terapeutiche.

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